Per affrontare in modo efficiente la transizione all’elettrico, il settore dell’automotive in Italia ha bisogno di due grandi elementi chiave: investimenti in Ricerca e Sviluppo e un piano di formazione per aggiornare le competenze dei lavoratori della filiera. È quanto rivelato dal report “E-mobility Industry survey – La transizione della filiera della mobilità e il ruolo delle politiche industriali”, presentato il 17 febbraio 2022 e realizzato da MOTUS-E, ANFIA, ANIE Federazione, ANCMA e dell’Università di Ferrara.
La strada per il passaggio all’elettrico
Lo studio, presentato dal Professor Giorgio Prodi del Dipartimento di Economia e Management dell’Università di Ferrara, è stato redatto partendo da un questionario sottoposto a diverse aziende del settore automotive per delineare i profili della transizione e definire le politiche industriali da applicare alla filiera. Il primo dato rilevato dalla survey chiarisce che le imprese che sono già più avanti nella transizione all’elettrico sono anche quelle più impegnate nella Ricerca e Sviluppo e nell’industrializzazione di nuove linee produttive. La ricerca ha poi evidenziato alcuni settori chiave su cui è importante intervenire con politiche industriali: la ricerca di base, la ricerca applicata, l’istruzione e la formazione degli addetti ai lavori. Le macro-linee del rapporto sono state validate con ulteriori interviste condotte nella motor valley emiliana che hanno permesso di definire alcune tendenze comuni al settore, come la mancanza di tecnologie su componenti chiave come le batterie, la presenza di una filiera corta, rispetto a quella dell’automotive tradizionale; il cambio delle figure di riferimento all’interno delle aziende che, ora, sono quelle che si occupano di elettronica. “Non mancano delle competenze sul territorio – ha precisato Prodi – manca la quantità, il numero di persone formate dentro e fuori dalle imprese, nelle scuole. Manca, soprattutto, la componentistica che spesso viene importata dall’Asia, che è molto più avanti di noi nello sviluppo di prodotti fondamentali come le batterie”.
Le richieste del comparto industriale
La presentazione del rapporto è stata accompagnata da una tavola rotonda moderata dal giornalista Massimo Degli Esposti, alla quale hanno partecipato diversi rappresentanti delle Associazioni di categoria del settore industriale. Fabrizia Vigo, Responsabile Relazioni istituzionali ANFIA (Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica) ha dichiarato: “Abbiamo un 70% della filiera che dev’essere aiutata a rinnovarsi e a raggiungere la competitività che merita. Le aziende non chiedono solo più risorse, ma strumenti meno complessi, burocrazia più semplice, non è possibile che chi vince un bando di innovazione vede i finanziamenti solo dopo molti anni. Un altro punto chiaro è che mancano le competenze all’interno delle aziende per gestire gli strumenti di sostegno. Molte imprese conoscono questi strumenti, ma che non hanno professionisti capaci di gestirli. Nell’ottica win win c’è bisogno di fare sistema e metterle nelle condizioni le nostre di poter fruire di questi incentivi”. Omar Imberti, Coordinatore del Gruppo E-Mobility ANIE (Federazione Nazionale Imprese Elettrotecniche ed Elettroniche) ha introdotto il tema della filiera allungata sostenendo che “fino ad oggi si parla di supportare le aziende che forniscono componenti all’automotive, ma non si parla mai di infrastrutture. È necessario impostare una strategia ben definita come stanno già facendo altri Paesi. Questa visione di filiera allargata è determinante, e ciò lo dimostra che aziende che una volta non si conoscevano oggi si siedono allo stesso tavolo di lavoro. Abbiamo competenze e risorse, ora abbiamo bisogno di metterle insieme con politiche industriali mirate”.
Il settore moto e quello della mobilità elettrica
Il terzo intervento è stato quello di Michele Moretti, Responsabile settore moto e relazioni istituzionali ANCMA (Associazione Nazionale Ciclo Motociclo Accessori): “Le aziende italiane da più di cento anni producono mezzi spinti da motori endotermici, la transizione all’elettrico è una sfida che dev’essere affrontata come sistema. La filiera delle due ruote è più piccola di quella dell’automotive, ci sono molte PMI che non sono integrate in un circuito internazionale. Un’altra grossa differenza è che molte aziende di motocicli sono già completamente attive nel settore full-electric. Politiche industriali mirate devono tener conto di questi due fattori per pensare da una parte a nuove misure che consentano l’accesso al credito per fare Ricerca e Sviluppo, e dall’altra a modi per evitare che le forniture di batterie provenienti dall’Asia arrivino anche alle piccole aziende del settore”. Francesco Naso, Segretario Generale MOTUS-E (Associazione italiana degli attori della mobilità elettrica) ha invitato a interpretare i risultati del rapporto “con ottimismo e uno sguardo largo sulle problematicità, per renderle opportunità. Dev’esserci un accompagnamento per le aziende che devono trasformarsi completamente. Ci sono troppi messaggi negativi che non fanno bene alle imprese, quando all’estero c’è un fermento enorme sulla ricerca tecnologica. Motus-e lavora per conoscere la filiera, mappando tutte le aree di attività, le competenze per la transizione e i gap presenti”.
La visione istituzionale
Andrea Bianchi, Segretario Generale del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, ha ricordato come “Quello dell’automotive è un settore centrale e uno snodo fra le diverse transizioni che dobbiamo affrontare. La nuova auto è al centro della transizione digitale, nonché uno degli elementi centrali dei nuovi modi di consumo e della lotta ai cambiamenti climatici. Il ministero del Lavoro è stato sollecitato alla necessità di agganciare le politiche del lavoro a quelle industriali e ci stiamo muovendo su diversi fronti: creare quelle nuove professionalità che vengono richieste dallo sviluppo tecnologico, riqualificare i lavoratori occupati, cambiando il loro mix professionale; favorire la transizione dei lavoratori da un settore all’altro e mettere i disoccupati nelle condizioni di rientrare nel mondo del lavoro”. Infine, Gilberto Pichetto Fratin, Viceministro dello Sviluppo Economico per il quale “la ricerca ha dimostrato la grande velocità alla quale il settore è sottoposto. È necessario un intervento dello Stato che accompagni al cambiamento con strumenti che non possono più essere quelli classici (come i contratti di sviluppo) ma misure specifiche che comprendano azioni sulla la parte tecnologica e tutelino il capitale umano. Ci stiamo muovendo su questo versante perché è qui che si innesta l’inserimento dei giovani al lavoro e lo sviluppo dell’innovazione”.
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