Raccogliere, trasportare e riciclare. Sono le tre fasi della gestione dei rifiuti: un processo che, se eseguito in modo virtuoso, permette di recuperare materie prime senza impatti sul Pianeta. Ma nel mondo tutti chiudono il cerchio allo stesso modo? Per scoprirlo Erion Energy è arrivato fino in Cina dove Laura Castelli, Direttore Generale di Erion Energy, e Laura Mascheretti, dello Strategic Development and Innovation Team hanno visitato nove impianti di trattamento dei rifiuti di batterie al litio e osservato da vicino il funzionamento del sistema di raccolta e di riciclo di uno dei Paesi più produttivi del mondo.
Prima voce del diario di bordo: “batterie al litio”, ovvero i prodotti al centro della rivoluzione tecnologica che, nel settore automotive, ha una delle sue maggiori declinazioni. La Cina rappresenta il mercato di riferimento per l’industria di questa tipologia di batterie, grazie alla rapida crescita della produzione e dell’uso di veicoli elettrici. Attualmente, la Repubblica Popolare Cinese vanta la produzione del 70% della produzione globale di auto elettriche, pari a una flotta di oltre 12,4 milioni di unità[1]. La grande sfida con questi numeri sarà quella della gestione sostenibile dei prodotti a fine vita e delle materie che li compongono. Ad oggi in Cina, il cerchio si chiude a monte della filiera: produzione e riciclo sono fasi dello stesso processo. Gli impianti di trattamento sono, infatti, alimentati dai materiali di scarto provenienti dalle linee di produzione di nuove batterie. Il sistema si basa sulla numerosa presenza di impianti di produzione e sulla necessità dell’industria di avere accesso a questa tipologia di materie fondamentali al fabbisogno nazionale.
Un altro dato molto interessate della filiera cinese è quello sull’impatto che la fluttuazione dei prezzi di mercato del litio ha sull’operatività degli impianti di trattamento. Durante le loro visite, Castelli e Mascheretti hanno, infatti, constatato come molte di queste strutture, quando non del tutto ferme, lavorassero a regime fortemente ridotto. La spiegazione di questo fenomeno sta nel fatto che gli impianti hanno come unica entrata i ricavi derivanti dalla vendita dei sottoprodotti del litio e di altri materiali quindi, quando il prezzo di mercato di tali materiali scende sotto una certa soglia, i processi di riciclo diventano economicamente insostenibili. “La loro strategia – ha spiegato Castelli – è quella di stoccare i rifiuti in ingresso finché una nuova risalita dei prezzi non renderà di nuovo conveniente riattivare la macchina del riciclo. Questa è una grande differenza rispetto agli impianti europei di trattamento delle batterie che sono finanziati dai produttori dei rifiuti o dal regime di Responsabilità Estesa del Produttore”. Un’altra grande diversità, tra le filiere italiana e cinese, sta nella tipologia del materiale da trattare. Lo spiega Laura Mascheretti: “Mentre in Italia siamo partiti dalle batterie portatili per puntare ai flussi di grandi batterie che arriveranno dai veicoli elettrici, in Cina l’ordine è invertito, perché la filiera delle grandi batterie è sostenuta dall’alta disponibilità dei volumi di scarto di produzione e, anche se parzialmente, dalle batterie esauste sul mercato. La loro grande forza è che gli impianti si configurano al cento per cento come produttori di materie prime per la produzione di batterie e non come riciclatori”.
C’è una caratteristica che accomuna tutti gli impianti di trattamento delle batterie in Cina: le ampie dimensioni, che possono essere più di dieci volte superiori a quelle di una struttura europea. “La spiegazione è semplice – chiarisce Castelli – sono più grandi perché gestiscono volumi maggiori rispetto ai nostri, ma a livello tecnologico non presentano alcuna differenza di rilievo”. I processi di trattamento delle batterie al litio in Cina sono infatti quelli consolidati anche in Europa e prevedono: fasi di smontaggio manuale, scarica dell’energia, pirolisi e idrometallurgia per il recupero del carbonato di litio, di altri sali (come solfati, cloruri e idrossidi), e di metalli come il nichel, il cobalto, il rame e l’alluminio. Nella fase di smontaggio, molti impianti possono contare su sistemi digitali di tracciamento e recupero delle informazioni basato su QR code che permettono di avere accesso a dati utili sulle diverse tipologie di batterie. Il riciclo di questi prodotti in Cina permette di ottenere Materie Prime Seconde di qualità paragonabile a quella del materiale vergine e di raggiungere tassi di recupero dalla black mass superiori al 90%. Le grandi difficoltà sono ancora legate al livello di inquinamento causato dai processi di trattamento: la pirolisi porta alla produzione di fumi e sostanze pericolose, la fase idrometrallurgica causa la contaminazione delle acque reflue. Ciò ha portato gli impianti a dotarsi di sistemi di abbattimento dei gas di scarico e di depurazione delle acque.
Potenza mondiale nel riciclo delle batterie al litio, la Cina ha – invece – avviato solo da pochi anni un sistema di raccolta differenziata dei rifiuti. La rivoluzione in questo campo è partita nel 2019 da Shanghai con l’obiettivo di affrontare le problematiche ambientali e limitare il materiale conferito agli inceneritori e alle discariche.. Oggi il sistema è in funzione in più di 300 città della Repubblica Popolare ed entro la fine del 2025 dovrebbe estendersi a tutte le comunità residenziali del Paese. Ma come funziona il sistema del riciclo delle batterie portatili? Dimenticate i bidoncini dedicati nelle edicole, nei negozi specializzati e nelle filiali della GDO. In Cina i rifiuti di batterie portatili sono considerati “rifiuti pericolosi” e – insieme all’“organico”, “riciclabile” e “indifferenziato” – rappresentano le quattro frazioni in cui viene suddivisa la raccolta. Una scelta peculiare è proprio quella della categoria “riciclabile” dove i cittadini sono chiamati a conferire ogni genere di prodotto che può essere trattato per il riciclo delle materie prime in esso contenute: dai rifiuti elettronici a quelli tessili, fino alla carta e al vetro. Il sistema, che da una parte potrebbe incentivare la raccolta e ridurre gli sprechi, manca però delle sue due fasi successive, ovvero quelle del “sorting” (selezione) e del trattamento vero e proprio. Come dire: intanto si misurano le quantità raccolte, poi si calcolano i costi di separazione, infine si decide se sia conveniente o meno costruire appositi impianti di trattamento.
[1] https://www.iea.org/reports/global-ev-outlook-2025/trends-in-the-electric-car-industry-3
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