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Il futuro dell’auto elettrica passa dalle batterie. “Il riciclo? Si punta al 100%”

A che punto è la filiera italiana delle batterie? Quanto incide l’autonomia sulle vendite di auto elettriche? Le batterie possono avere una seconda vita? Facciamo un quadro della situazione, con l’aiuto della professoressa Silvia Bodoardo, docente e ricercatrice del Politecnico di Torino

 

Quella delle batterie per auto elettriche sarà una questione fondamentale nei prossimi anni. Del resto, nel 2021 i veicoli elettrici hanno rappresentato il 20% della produzione totale a livello mondiale, contro il 12% del 2020. Una crescita destinata a non arrestarsi: secondo uno studio BCG, entro il 2025 le vendite mondiali di auto a batteria dovrebbero salire al 20% del totale, con l’Unione europea a trainare le vendite col 30% del mercato, il 29% in Cina, il 19% negli Stati Uniti. Le auto a batteria raggiungeranno una quota vendite del 39% sul totale a fine decennio e del 59% entro il 2035.

“La batterie europea nasce per essere riciclabile completamente e soprattutto sostenibile”, spiega la professoressa Silvia Bodoardo, docente e ricercatrice del Politecnico di Torino. Ma, prima di arrivare al riciclo, l’obiettivo è allungarne quanto più possibile la vita. La batteria ancora funzionante può essere rigenerata ed utilizzata, ad esempio, in applicazioni di stoccaggio statico di energia, come nel caso delle rinnovabili. “L’Europa sta investendo a tutto tondo nell’ambito batterie – prosegue la professoressa – con una serie di progetti che partono dalla ricerca di base fino all’implementazione delle gigafactory”.

 La filiera italiana delle batterie

Anche l’Italia vuole fare la sua parte. Il 24 giugno il Ministero per lo Sviluppo Economico ha presentato a oltre 70 imprese le opportunità offerte per realizzare la filiera delle batterie. In particolare, ci sono 500 milioni di euro stanziati dal Pnrr, che ha già finanziato la realizzazione della Gigafactory di Termoli (Campobasso) da parte di Stellantis. Con gli Ipcei batterie sono state invece finanziati – per citare alcuni progetti – la Seri Industrial per l’investimento nella Gigafactory di Teverola (Caserta) e la Midac di Soave (Verona). Altri strumenti di agevolazione messi a disposizione dal Mise per le imprese del settore sono il piano Transizione 4.0 e gli Accordi per l’innovazione.

Oltre a quelli di Termoli e Teverola in Italia potrebbe nascere anche una terza gigafactory, a Scarmagno, nei pressi di Torino. Qui lo svedese Lars Carlstrom di Italvolt ha acquistato una superficie complessiva di un milione di metri quadrati su cui costruire un’altra fabbrica di batterie con una capacità di 45 gigawatt. L’obiettivo è avviare la produzione entro il 2024.

Ad oggi però, i veicoli elettrici che percorrono le nostre strade sono ancora pochi, circa 300mila. Una cifra lontana dall’obiettivo di 6 milioni (4 milioni di full electric e 2 milioni di plug-in) previsto dal Piano nazionale integrato per l’energia e il clima (Pniec) presentato a Bruxelles.

Secondo Federauto, negli ultimi cinque anni solo l’1,9% delle vetture vendute è elettrica. Tra i problemi maggiori che frenano l’acquisto, i costi e la mancanza di infrastrutture. “La prima cosa da fare è creare consapevolezza”, ci spiega Bodoardo. “Chi prova un’auto elettrica capisce che è un’auto con maggiori performance di quella con motore endotermico. È silenziosa e la ricarica è decisamente meno costosa della stessa coi combustibili”. C’è poi la questione ambientale. “Ogni anno abbiamo un nuovo record di aumento della temperatura media del pianeta. L’elettrificazione delle auto non risolve tutto il problema  – circa il 20% delle emissioni è legata alla mobilità – ma è un tassello che non va ignorato”.

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di Antonio Carnevale

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