Il mercato delle batterie agli ioni di litio è in forte crescita. Sia per la transizione energetica (accumulo) sia per l’elettrificazione della mobilità, rappresentano la tecnologia per ora più affidabile. Gli impatti ambientali derivanti dall’estrazione di materie prime critiche come il litio, cobalto e altri metalli, necessitano investimenti in impianti di riciclo, ancora tecnologicamente limitati.
“La Cina detiene il 90% di queste materie prime critiche, e le restanti sono controllate da Paesi geopoliticamente instabili – ha detto Maurizio Acciarri, professore del dipartimento di Scienze Naturali dell’Università Biccoca, durante la conferenza organizzata dal CNR sul riciclo delle batterie – Per coprire il fabbisogno europeo non può fare a meno dell’economia circolare”. Esistono diverse aziende in giro per il mondo che riciclano batterie agli ioni di litio post-consumo, in Italia non ne esiste neanche una.
La principale caratteristica dei dispositivi di accumulo energetico è che sono in grado di trasformare energia chimica in energia elettrica. “All’anodo troviamo grafite e materiali carboniosi, mentre al catodo litio e cobalto – spiega Chiara Ferrara, ricercatrice dell’Università Milano-Bicocca –. Ma con il tempo sono stati proposti sistemi alternativi, per esempio con l’aggiunta di nichel e manganese. La composizione delle batterie cambia a seconda della performance e l’applicazione a cui è destinata”.
Ferrara spiega che a livello di sviluppo tecnologico si parla spesso di generazioni, che si basano su materiali presenti nell’anodo e catodo. “Ora ci troviamo alla generazione 3 e per il prossimo futuro sono previsti sviluppi. Ci sono studi su batterie agli ioni di sodio ma non è credibile che possono prendersi una fetta di mercato prossimamente, intanto il mercato di quelle agli ioni di lito sta esplodendo”.
L’imprevedibilità delle tecnologie è un fattore da considerare anche per Maurizio Masi del Politecnico di Milano: “Ogni 5 anni ci sono nuove evoluzioni in questo campo, penso che diventeranno tante le soluzioni sostenibili valide. Anche se non abbiamo tecnologie consolidate, in Europa ci vuole un solido sistema di riciclo che metta insieme produttori, riciclatori e consumatori”.
Oltre a parlare di riciclo, è importante sottolineare anche cosa avviene prima. Violazione dei diritti umani, sfruttamento dei lavoratori e delle risorse naturali sono all’ordine del giorno in supply chain poco trasparenti come quella del cobalto. “Attualmente il 75% del cobalto viene estratto in Congo dove il cosiddetto artisanal mining coinvolge per il 40% bambini con un’età media di 8 anni – sottolinea Ferrara – e le concessioni di estrazione sono tutte in mano ad aziende cinesi e coreane. Attraverso sistemi di due diligence e di tracciabilità mediante tecnologie di blockchain, le cose possono migliorare”.
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di Simone Fant
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